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Torniamo ai nostri problemi sulla coperta di prua della nostra sanpierota. Fare l'ennesimo rappezzo dove abbiamo trovato il legno marcio oppure demolire e ricostruire tutto? Per prendere una decisione ci serve un analisi più approfondita della situazione. Allora infiliamoci sotto coperta ed esaminiamo meglio: Le tavole della coperta sono in larice con abbondanti parti di alburno ai lati. Si sa che l'alburno è più deperibile del durame. Non sono protette da pittura. Forse era stato messo dell'olio di lino quando è stata costruita, il che è una buona pratica, però dopo sessant'anni non ne è rimasta traccia. I bagli sono anch'essi di larice, più contorto e nodoso, sempre senza protezione. Il profumo intenso di sottobosco è giustificato da alcune formazioni di funghi nei punti più alti. Al tatto queste aree sono completamente bagnate. Bagnate di cosa? Qui non può entrare acqua perché la coperta è rivestita di vetroresina salvo pochi punti dove è stata rimossa. L'aria calda e umida del giorno, scaldata magari dal sole che batte sulla coperta, anche in inverno, ristagna e la sera condensa sulle pareti che si sono raffreddate. L'aria calda va verso l'alto, così la condensa è maggiore proprio nei punti più alti. La vetroresina le impedisce di attraversare la coperta e disperdersi, così quest'acqua di condensa resta intrappolata nelle fibre del legno alimentando muffe e funghi. Quasi la totalità delle barche tradizionali veneziane soffre di questo problema, inversamente proporzionale alla tenuta della coperta. Le coperte di prua che fanno acqua, lasciano uscire l'aria calda e questo sfogo le salva dall'immarcimento. La parte più critica è il sochéto di prua, il punto più alto, e l'attaccatura delle tavole della coperta al sochéto.